La biopsia prostatica rappresenta una procedura necessaria al fine di diagnosticare una neoplasia prostatica in pazienti con un sospetto emerso dall’esame obiettivo e/o da altri accertamenti eseguiti.
La procedura si svolge in regime Ambulatoriale o di Day Hospital e necessita solitamente di un’anestesia locale o di un una sedazione cosciente. Generalmente si eseguono, per via trans-rettale o trans-perineale, dai 6 ai 24 prelievi seguendo uno schema pre-stabilito (sotto guida ecografica trans-rettale) mediante un ago montato su una pistola a scatto che permette escursioni rapide dell’ago riducendo così la sintomatologia dolorosa. Il materiale così ottenuto sarà inviato al servizio di anatomia patologiche per eseguire una serie di esami microscopici.
In anni più recenti la biopsia prostatica si avvale della metodica chiamata “fusion”; una particolare tecnica che permette di eseguire prelievi bioptici mirati a carico di porzioni di prostata che presentano caratteristiche sospette ad una risonanza magnetica multiparametrica (RM mp) della ghiandola precedentemente eseguita.
Con l’ausilio di un software si è in grado di sovrapporre le immagini ottenute con la risonanza magnetica alle immagini ecografiche generate in tempo reale dalla sonda guida che viene manovrata dal chirurgo al momento della biopsia. Questo permette di poter eseguire prelievi mirati nelle zone sospette per neoplasia, in aggiunta ai prelievi secondo lo schema tradizionale (definiti “random”).
I vantaggi di questa tecnologia si traducono in una maggiore sensibilità nella diagnosi di tumori più aggressivi e una migliore valutazione nell’iter terapeutico appropriato per il Paziente affetto da neoplasia prostatica candidabile a trattamento curativo.
Il metodo fusion richiede semplicemente l’esecuzione della risonanza magnetica prima della biopsia, che dovrà essere consegnata anticipatamente (referto e supporto informatico contenente le immagini) al momento della valutazione urologica preliminare.
La biopsia “fusion” si sviluppa attraverso seguenti fasi:
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- le immagini della risonanza si visualizzano sul monitor dell’ecografo e si identificano le zone sospette segnalate;
- viene introdotta la sonda ecografica prostatica transrettale;
- viene avviata la procedura software di fusione delle immagini ecografiche con quelle della risonanza magnetica;
- si procede all’esecuzione dell’anestesia locale e successivamente a quella dei prelievi bioptici con un ago tranciante per via transperineale (l’area tra scroto e ano) o, alternativamente, trans-rettale; generalmente si eseguono 3 prelievi per ogni lesione radiologicamente sospetta in aggiunta ai prelievi “random”.
La procedura ha una durata di circa 30 minuti. Prima di eseguire i prelievi biotici si esegue un’infiltrazione periprostatica con anestetico locale in modo da ridurre il dolore. In tal modo si ha una percezione molto attenuata del dolore del prelievo. Sono descritti episodi di sincope o lipotimia (svenimento). In alcuni casi, su indicazione dello specialista urologo, la procedura viene eseguita in sedazione leggera, riducendo ulteriormente il fastidio e gli eventuali episodi lipotimici.
Dopo la biopsia il paziente viene tenuto in osservazione per poco tempo, solitamente fino a minzione spontanea. In caso di sedazione vi è un rallentamento dei riflessi anche nelle ore successive alla procedura.
I rischi della procedura sono essenzialmente di natura infettiva (infezione delle vie urinarie/sepsi urinaria) e di natura emorragica (uretrorragia, ematuria lieve, piccole quantità di sangue nello sperma, ematomi nella sede dei prelievi). Queste complicanze hanno percentuali contenute. Le emorragie sono generalmente lievi e transitorie, ma il sangue nello sperma può persistere per diverse settimane. L’edema della ghiandola prostatica può causare raramente ritenzione acuta di urina con la necessità di posizionamento di catetere vescicale. In alcuni casi possono manifestarsi complicanze infettive: prostatite, orchiepididimite, cistite, raramente infezioni sistemiche gravi (sepsi). Per ridurre questo rischio è necessario sottoporre il paziente, dal giorno prima della procedura, a copertura antibiotica che verrà proseguita nei giorni seguenti come da indicazione dello specialista urologo al momento della dimissione.
Il paziente deve segnalare eventuali patologie cardiache, eventuali disturbi della coagulazione noti o alterazione dei tempi di sanguinamento riscontrati in corso di precedenti manovre. È opportuno che sospenda alcuni giorni prima eventuali terapie anticoagulanti e antiaggreganti, secondo indicazione medica. La sera prima e la mattina della manovra è necessario eseguire un clistere di pulizia.