La chirurgia conservativa (parziale) del rene si può avvalere di un approccio mini-invasivo (robotico o videolaparoscopico) e di un approccio a cielo aperto (‘open’). In entrambi i casi si ottiene l’exeresi unicamente della neoformazione renale sospetta con il fine di preservare la maggior parte possibile del parenchima renale.

C’è l’indicazione a questo tipo di procedura in qualunque caso sia fattibile una chirurgia di risparmio del rene. Ci sono anche delle indicazioni assolute come paziente con tumore in un rene unico funzionante, pazienti con tumore bilaterale in cui uno dei due reni debba essere necessariamente rimosso, pazienti con neoplasia renale in presenza di insufficienza renale cronica. In questi casi la conservazione anche di una minima quantità di parenchima renale può evitare il ricorso alla dialisi.

Nel caso in cui si scelga l’approccio mini-invasivo (robotico o laparoscopico) vengono inizialmente posizionati gli accessi robotici/laparoscopici, consistenti in 3-5 piccoli forellini nell’addome, attraverso cui vengono inseriti i bracci del robot o gli strumenti della laparoscopia.

Una volta mobilizzato il rene si identifica il peduncolo vascolare, lo si libera accuratamente per poter posizionare un laccio vascolare attorno all’arteria e alla vena, oppure una clamp vascolare qualora si renda necessaria una occlusione arteriosa per evitare emorragie gravi.
L’enucleo-resezione della neoplasia essa consiste nella contestuale asportazione del tumore e di 5-10 mm del parenchima renale apparentemente sano che circonda il tumore. Il sanguinamento viene controllato con sutura selettiva delle “bocche” arteriose e venose con successiva apposizione di spugne emostatiche e/o grasso perirenale e con punti fatti passare fino ai bordi parenchimali.

Va sempre considerato che, nei casi in cui la situazione locale non lo consenta o in seguito ad insorgenza di complicanze operatorie, l’intervento laparoscopico può esser convertito in tecnica chirurgica a “cielo aperto”.

Tra le complicanze peculiari di questo tipo di intervento si annoverano, inoltre, i sanguinamenti intra o post operatori che possono richiedere delle trasfusioni di sangue, la necessità di nefrectomia (ad esempio qualora ci siano lesioni intraoperatorie del rene o per riscontro di una lesione più grande di quella individuata nello studio preoperatorio), l’insufficienza renale (transitoria solitamente) dovuta al fatto che il rene controlaterale si trovi a dover vicariare quello sottoposto ad intervento, la formazione di spandimenti urinosi per apertura della vie escretrice in corso di asportazione della lesione e la formazione di anomalie vascolari (fistole o pseudoaneurismi) a livello del parenchima renale residuo suturato, che possono richiedere un ulteriore intervento.

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